Satricum, ubicata nell’attuale territorio compreso tra Latina e Nettuno, era una delle città dell’Antico Lazio di epoca preromana. Il sito era situato su un piccolo colle, che s’innalzava di poco rispetto al livello del mare e della circostante campagna. La città, isolata ai lati da due fiumi, l’Astura e il Rio delle Mole, che rappresentavano anche un naturale mezzo di difesa, aveva al proprio centro il tempio della Mater Matuta, la dea dell’alba, della terra e della fecondità. Questo tempio, uno dei luoghi di culto pagano più venerati dell’Antico Lazio, venne edificato intorno al VI secolo a.C. e poi ampliato nel V secolo a.C., cambiandone anche l’orientamento originario.
La città era circondata da un vallo con due porte: una conduceva verso il mare ed un’altra verso la campagna. Il ritrovamento di una stipe, ricchissima di offerte votive, testimonia che Satricum fosse molto frequentata e che il tempio della Mater Matuta fosse un prestigioso luogo di venerazione. La stipe di Satricum risale al VI secolo a.C. e rappresenta la più ricca raccolta presente in Italia, non appartenente a cultura greca o etrusca. Gli scavi archeologici, inoltre, hanno portato alla luce due necropoli: la più antica, datata IX secolo a.C., conserva tombe di diversa manifattura, a camera e a pozzo o a contatto di terra.
Satricum, durante il periodo volsco, doveva probabilmente avere assunto una posizione di rilievo come punto di transito nel percorso che collegava gli insediamenti collinari con il mare. L’importanza della città, inoltre, è testimoniata anche dai continui attacchi che subì nel corso dei secoli, durante i quali solamente il tempio veniva risparmiato. Ricostruita e ripopolata più volte, Satricum fu definitivamente distrutta nel 346 a.C. dai romani, che però non osarono attaccare il tempio della Mater Matuta. La distruzione della città segnò di conseguenza anche il destino del tempio, che diminuì d’importanza, facendo gradualmente iniziare il declino di tutta l’area circostante.
